lunedì 27 febbraio 2017

Il Duomo di Siracusa, la cattedrale-museo con "pezzi" della reggia di Caserta e Versailles



Un’opera di Antonello da Messina nascosta tra le meraviglie della Cattedrale. E un “pezzetto” della Reggia di Caserta, della fontana di Trevi e persino di Versailles. Capolavori firmati dai più grandi artisti che rendono ancor più ricco il patrimonio del Duomo di Siracusa, vero museo nel cuore della città-museo di Archimede. Per magnificare la chiesa che sorge sui resti del Tempio di Atena, di cui sono visibili le maestose colonne doriche lungo piazza Minerva e all’interno dell’edificio, vennero chiamati i più grandi architetti, pittori e scultori delle varie epoche che resero il Duomo crocevia di secoli e arte. 

Dal maestro della Madonna del Piliere, dipinta nel Duecento e poi rimaneggiata nel XIV secolo; al Quattrocento e al Michelangelo siciliano: Antonello Gagini. Lo scultore figlio di un altro artista padre del Rinascimento siciliano, Domenico, il quale scolpì la Madonna con il bambino lungo la navata sinistra del Duomo. Di Antonello, invece, la Cattedrale custodisce la statua di Santa Lucia e quella della Madonna delle neve nell’omonima cappella. E della bottega di un altro grande scultore, Francesco Laurana, è anche la statua della Madonna lungo la parete sinistra.
Nella seconda metà del Quattrocento, tra le città del Siracusano lavorava Antonello da Messina. "Le fonti storiche certificano la sua presenza a Noto e Palazzolo – dice il critico d’arte Paolo Giansiracusa, direttore dell’Accademia di belle arti di Siracusa e docente accademico -. Antonello lavorò a Noto per realizzare il gonfalone della chiesa di Santo Spirito e qui, tra il 1471 e il 1472, si ammalò tanto da doversi comprare una mula per potersi spostare, come si legge nelle testimonianze dell’epoca. Fu anche a Palazzolo per dipingere il capolavoro esposto oggi al museo di Palazzo Bellomo: L’Annunciazione". E certamente dovette recarsi a Siracusa, all’epoca una città protagonista di grandi fermenti culturali. "Nella cappella del Santissimo Crocifisso, in Cattedrale – aggiunge il docente – si trova un dipinto su tavola che raffigura San Zosimo. Un’opera attribuita ad Antonello da Messina dai confronti con altri suoi lavori e soprattutto con il polittico di San Gregorio che l’artista dipinse nel 1473 e che è conservato al museo regionale di Messina. Lo stesso sfondo dorato, la stessa iconografia, la stessa posizione del protagonista del dipinto. San Zosimo e San Gregorio sono raffigurati secondo lo stesso schema plastico e la identica concezione spaziale. E se sappiamo con certezza che San Gregorio venne dipinto da Antonello da Messina, appare certo che San Zosimo fu realizzato nella sua stessa bottega: se non dalla mano di Antonello, sicuramente dai suoi allievi e collaboratori sotto la sua supervisione e guida".
Il dipinto di San Zosimo, come quello di San Gregorio, faceva parte di un polittico: dunque era il terzo da sinistra di tre opere d’arte che dovevano abbellire la cappella della Cattedrale prima del sisma del 1693 che la distrusse in parte, danneggiando l’opera stessa di cui rimane solo una parte, la raffigurazione di San Zosimo appunto. 

"Di scuola antonelliana è anche l’altra grande pala che fronteggia San Zosimo – dice Giansiracusa – intitolata a San Marziano. Grande, dunque, fu l’interesse della chiesa a rendere la Cattedrale un simbolo di arte. I vescovi chiamarono a raccolta i più grandi artisti nel corso delle epoche che si succedettero. Proseguendo nei secoli, alla fine del ‘500 Pietro Rizzo realizzò il simulacro argenteo di Santa Lucia e poi, nel Seicento, qui lavorò l’architetto Giovanni Vermexio per realizzare la cappella del Sacramento esaltata dalle pitture di Agostino Scilla".
C’è anche un “pezzo” della Reggia di Caserta dentro il Duomo siracusano: il napoletano Luigi Vanvitelli realizzò nel Settecento un ciborio (un piccolo tabernacolo) in legno dorato. E anche un’eco della Fontana di Trevi nel paliotto marmoreo scolpito da Filippo della Valle, artista fiorentino che fu tra gli scultori del celebre monumento romano. Il pavimento della cappella del Sacramento venne disegnato da Ignazio Marabitti, come i due pannelli scultorei della cappella di Santa Lucia e le statue del prospetto. Sull’altare maggiore della chiesa la Natività di Maria attribuita a Charles Le Brun, famoso per i suoi decori alla Reggia di Versailles.
"La Cattedrale di Siracusa fu centro d’arte e di artisti – prosegue Paolo Giansiracusa – grazie anche al mecenatismo perseguito dai vescovi. Fu la chiesa, ancora una volta, a mostrare il suo interesse per la magnificenza architettonica volendo fortemente per il prospetto del Duomo, danneggiato da terremoto del 1693, il “Renzo Piano” dell’epoca: il trapanese Andrea Palma. Un archistar che vinse il concorso indetto per ridare lustro all’edificio simbolo della città sfregiato dal sisma". Il Duomo, oggi, racchiude il passaggio dei secoli mostrandone i tratti artistici salienti. Ma la scoperta della sua bellezza, dopo quasi 3 millenni di vita, è appena iniziata.
Isabella di bartolo

mercoledì 22 febbraio 2017

Ferla tra Unesco, natura e gusto: viaggio nella Sicilia che non ti aspetti



La Sicilia più bella è quella che non ti aspetti. Così proponiamo un viaggio tra natura, tradizione e devozione popolare nel cuore degli Iblei, tra il sito Unesco di Pantalica e le bellezze architettoniche barocche. Ed è qui che l’arte e il sacro s’intrecciano. La devozione popolare incontra i fasti dell’architettura e il culto diventa la voce della terra. Di Ferla. Degli Iblei. Quasi 4 decenni di attesa per la riapertura della Basilica di San Sebastiano, nel cuore della cittadina-presepe della zona montana siracusana. 
Visitare Ferla significa anche conoscere la sua gente ed emozionarsi, lasciarsi coinvolgere dagli abitanti di un luogo sospeso nel tempo dove passeggiare significa anche conoscere volti, storie, bellezza e tradizioni. E dove l'arte sposa la cucina.  

La visita alla chiesa di San Sebastiano arricchisce il percorso alla scoperta di questo scorcio degli Iblei che offre un turismo slow, alla ricerca della lentezza, del gusto e del relax. Ma anche dei paesaggi mozzafiato che solo questi luoghi sanno regalare a partire dalla Necropoli di Pantalica con le sue 5mila grotte millenarie che narrano la storia più antica della Sicilia. Il sito, insignito del riconoscimento Unesco dal 2005, è meta di escursionisti e appassionati di storia. Dall’ingresso di Ferla, a cui si arriva percorrendo strade ricche di vegetazione e bellezza immergendosi nella Valle dell’Anapo, si giunge nel cuore della Riserva naturale di Pantalica aperta tutti i giorni dalle 7 alle 19 e gestita dall’Azienda foreste demaniali.
Dal tuffo nella natura a quello nell’arte, giungendo sino all’altura dove si estende la piccola Ferla. Qui, oltre ad assaporare i piatti e i dolci tipici della tradizione iblea che qui si perpetua, si può vivere l’esperienza di un’accoglienza, appunto, “slow”. Ferla è la prima cittadina della provincia a sperimentare l’”albergo diffuso” che trasforma le vecchie case del centro storico in bed and breakfast. Non solo. Per venire incontro alle esigenze turistiche più varie sono nati agriturismo, strutture ricettive immerse nel verde, aree per i camperisti.
Immancabile, nel tour all’interno di Ferla, la visita alla Basilica di S. Sebastiano che è considerata tra le più belle della provincia e tra le più significative poiché traduce in bellezza pura le modanature barocche volute dopo il sisma del 1693. Lo stesso terremoto che distrusse la Chiesa Madre, dedicata a San Giacomo, ricostruita con mirabile arte e che sorge sui resti di una necropoli cristiana. Poco distante, si erga la chiesa del Carmine eretta nel XVIII secolo caratterizzata da una sola navata ricoperta da una volta a botte mentre è quella intitolata a Sant’Antonio la chiesa più scenografica, con stucchi e affreschi del XVIII secolo. 

Poco distante da Ferla si trova poi la piccola Cassaro, borgo sospeso nel tempo e nel bosco di Giambra, il cui nome dall’arabo Kars: castello, fortezza e indicava un fortilizio che identificava il nucleo abitato nel periodo arabo. In questo luogo la natura fa rima con l’enogastronomia poiché è in questi boschi che si coltiva la mandorla da cui si produce un olio pregiato, conosciuto ed esportato in tutta la Sicilia, come le noci e le pesche del territorio. A Cassaro si può passeggiare tra il verde tra funghi, nocciole, pinoli e castagne che sono le altre produzioni di un territorio montano che custodisce panorami di intensa bellezza.

L'Egitto sbarca in Sicilia: succursali del Museo Egizio di Torino a Catania e Siracusa

L'Egitto sbarca in Sicilia: è stato firmato a Torino l'accordo per aprire una sezione del Museo Egizio a Catania entro il 2017. Una notizia che risale a qualche mese fa - condita da polemiche e perplessità - ma che è adesso una certezza come conferma l'amministrazione comunale etnea.
"Si tratta del primo caso italiano di collaborazione fra una grande museo internazionale e una città che punta sulla valorizzazione dei beni culturali come volano di sviluppo e di cambiamento" commenta il sindaco Enzo Bianco. La presidente della fondazione Museo Egizio di Torino, Evelin Christillin,  dice: "questo accordo ci consente di proseguire un percorso di diplomazia culturale iniziato con progetti di inclusione sociale che a Catania e in tutta la Sicilia potranno coinvolgere nuovi pubblici". La soprintendente Papotti, "veicolato un modello culturale e gestionale di successo". Alla firma presenti anche l'assessore Licandro e il direttore del museo, Christian Greco che alla Sicilia è legato da sempre.


La presidente Evelina Christillin e il direttore Christian Greco hanno incontrato nel Museo Egizio di Torino, con la soprintendente Luisa Papotti, il sindaco di Catania Enzo Bianco e l'assessore alla Cultura Orazio Licandro per sottoscrivere l'accordo quadro finalizzato alla realizzazione di un progetto culturale per l'apertura di una sezione egizia nella città etnea.
In pieno accordo con il Ministero dei Beni e delle attività culturali e del Turismo, il Museo Egizio intende valorizzare una selezione di reperti egizi - attualmente custoditi nei depositi di via Accademia delle Scienze – mettendoli in dialogo con alcune collezioni ellenistiche presenti in Sicilia, attraverso un progetto museale che verrà ospitato nel Convento dei Crociferi.
"Il Ministero - ha dichiarato la soprintendente Luisa Papotti - sostiene fortemente l'iniziativa della città di Catania  poiché offre l'opportunità di veicolare un modello culturale e gestionale di successo".
Il sindaco Bianco ha aggiunto: "Si tratta del primo caso italiano di collaborazione fra una grande museo internazionale e una città che punta sulla valorizzazione dei beni culturali come volano di sviluppo e di cambiamento".
"Siamo molto soddisfatti - ha concluso la Presidente del Museo Egizio Evelina Christillin - perché questo accordo ci consente di proseguire un percorso di diplomazia culturale iniziato a Torino con progetti di inclusione sociale che a Catania e in tutta la Sicilia potranno coinvolgere nuovi pubblici e diffondere i legami tra i popoli e le culture del Mediterraneo".



E se Torino chiama, risponde anche Siracusa dove dal 1989 ha sede il Museo del Papiro: realtà culturale unica in Italia che vanta collaborazioni internazionali e conserva migliaia di preziosi oggetti tra cui le rare barche di papiro dall’Etiopia e dal lago Ciad. “Siamo legati a Torino da decennali rapporti di grande amicizia – afferma il direttore Corrado Basile – e professionali. Saremmo noi la sede naturale di una sua “filiale” ma non abbiamo sufficiente spazio nemmeno per esporre tutti i nostri reperti. Ben venga una nuova idea di esposizione”. Subito dopo la sua missione in Egitto per la nascita di un laboratorio di restauro papiraceo al museo egizio del Cairo, sposata dal ministro delle Antichità MamdouhEldamaty, anche il Museo di Siracusa sarà coinvolto nel progetto siciliano che porterà a Catania un pezzo dell’antica civiltà che ebbe cuore pulsante nel Mediterraneo.
Isabella Di Bartolo

lunedì 20 febbraio 2017

Agrigento, in mostra "pezzi" degli antichi palazzi scomparsi

Immagini di pietra per una mostra speciale al Complesso Monumentale di Santo Spirito di Agrigento. "Frammenti di Storia: Materiali lapidei dell’Età moderna nelle collezioni dell’ex Museo Civico" è il titolo dell'evento curato da Gabriella Costantino, soprintendente di Agrigento.
In esposizione un pezzo dell'identità agrigentina con frammenti di pietra intarsiata provenienti da chiese e palazzi non più esistenti. Pezzi di storia dal Rinascimento al tardo Barocco, ceduti in uso perpetuo alla Regione, in consegna al Comune dal 1970, ed esposti negli ambienti dell’ex dormitorio delle monache cistercensi del Monastero di Santo Spirito.

lunedì 13 febbraio 2017

Un archistar siciliano per l'Arena di Verona


Un siracusano tra gli archistar chiamati a ideare la nuova copertura dell'Arena di Verona. Vincenzo Latina - già noto a livello internazionale per il progetto di fruizione dell'Artemision di Siracusa coniugando passato e futuro - ha ottenuto il secondo posto al concorso di idee lanciato dal Comune di Verona e sponsorizzato da Sandro Veronesi di Calzedonia. L’imprenditore ha già detto di essere disponibile a finanziarne la realizzazione per un totale di 13,5 milioni di euro.
Latina si è classificato dietro un gruppo di imprese tedesco - la Rti Sbp & Gmp di Stoccarda e Berlino - che hanno ideato moderno velario con un telo che si stende e poi si riavvolge a scomparsa su un unico lato. Il ministero dei Beni culturali dovrà adesso valutare le idee finaliste.
Vincenzo Latina ha ideato un sistema di copertura con camere d’aria gonfiabili in un team di architetti che si definiscono "artigiani dell’architettura di qualità".
Del gruppo siculo-piemontese fanno parte, oltre a Latina che è guida, Stefano Saffirio, Andrea Ruggeru, Federica Maffioli, Mauro Oggero. Ne è illustre consulente il professore Giuseppe Voza, soprintendente emerito di Siracusa. Collaboratori sono Roberto Germanò, Alfio Forte, Cristian Quadarella e Carmelo Iocolono. L'idea è quella di sfruttare l’aria come materiale da costruzione con il vantaggio, tra le altre cose, di essere riscaldabile e quindi di poter funzionare anche con la neve, che si scioglierebbe al contatto con la superficie.

venerdì 10 febbraio 2017

Agrigento, premio del Consiglio d'Europa. Così la rinascita culturale diventa modello internazionale

Agrigento con i suoi templi maestosi, la sua aurea di storia e bellezza, la sua caparbietà e ridar vita al passato e restituirlo, pezzo per pezzo, a chi vive il presente. La Valle dei Templi rappresenterà l'Italia in occasione del premio premio paesaggio del Consiglio d'Europa con il suo progetto dal titolo evocativo: "Agri Gentium". E' questo un successo che premia, per primi, quanti hanno creduto che il patrimonio culturale, identitario di un luogo, potesse diventare orgoglio moderno.
Il Ministero per i beni culturali d ambientali ha selezionato, per rappresentare il Paese al concorso europeo, un progetto portato avanti nella città dei templi. "Agri Gentium: landscape regeneration" è il progetto presentato dal Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi, attuato con l’Università degli Studi di Palermo, la facoltà di Agraria e l’Azienda ‘Val Paradiso srl’, il ‘Giardino della Kolymbethra’ – FAI, l’Associazione di cultura e attività ferroviaria ‘Ferrovie Kaos’ e l’Azienda CVA Canicattì. Ed è un progetto meravigliosamente semplice: ricostruire il passato per riviverlo e goderne.
 
Il progetto è stato considerato di particolare eccellenza tra le 97 proposte di candidatura pervenute in seguito al bando indetto dal MIBACT per la ricognizione nel territorio italiano di progetti volti alla tutela e alla valorizzazione del paesaggio e del patrimonio materiale e immateriale. La Commissione ha riconosciuto al progetto selezionato la capacità di aver messo in pratica di principi della Convenzione Europea del Paesaggio. In particolare, la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale; il recupero della tratta dismessa delle Ferrovie Kaos e la realizzazione del giardino con specie storiche realizzato nella Kolymbethra gestito dal Fai; cooperazione tra soggetti pubblici e privati; il riconoscimento Unesco della Valle dei templi; ricorso a tecniche biocompatibili nel parco archeologico e paesaggistico; studio su ruralità e fruizione dei “patriarchi vegetali” (olivi carrubbi, mirti); conservazione del germoplasma di mandorlo, olivo e pistacchio; istituzione del museo vivente del mandorlo “Francesco Monastra”; mostra a Milano Expo 2015 nel cluster bio-mediterraneo; progetto mille mandorli; coinvolgimento della popolazione locale, rafforzando la sensibilità e la consapevolezza pubblica verso i valori del paesaggio, quale elemento imprescindibile di crescita culturale per il raggiungimento di un benessere individuale e collettivo.
Il merito di questa nuova luce accesa su Agrigento è di chi crede che il passato possa insegnare, e debba farlo. Di chi crede che con la cultura si possa crescere e migliorare lo sviluppo di un territorio martoriato per troppo tempo da abusivismo edilizio, da noncuranza e oblio. E' significativo che aver concesso alla Valle dei Templi l'autonomia gestionale prevista dalla legge siciliana proprio per colmare le antiche vacatio amministrative e snellire gli infiniti percorsi burocratici, abbia dato frutti di immagine, di economia e di rilancio. Non solo per il boom di turisti, per le campagne di scavo che mirano a riportare alla luce il Teatro ellenistico e il suo contesto. Non solo per i riflettori internazionali legati a Google e non solo. Non solo per le aziende che hanno voluto investire passione e impegno in un nuovo progetto che coniuga antico e moderno. Ma soprattutto perchè i siciliani hanno ricominciato ad ammirare questa bellezza infinita che Agrigento custodisce, come altre grandi meraviglie nel resto della Sicilia che attendono una rinascita.
Agrigento ha anche inventato l'abbonamento alla Valle dei Templi per far sì che chiunque, tutte le volte che ne ha voglia, possa passeggiare tra i resti antichi, goderne l'atmosfera e ammirare un paesaggio unico al mondo. Che la consapevolezza di questa bellezza possa toccare tutti.